Il romanzo Bly di Melania Soriani, uscito nel 2022 ed edito da Mondadori, narra le vicende della giornalista statunitense Nellie Bly, pseudonimo di Elizabeth Jane Cochran, vissuta tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900, in un periodo in cui alle donne non era consentito esercitare quelle professioni considerate prettamente maschili, secondo la mentalità dell’epoca, ma solo quelle attinenti al cosiddetto “universo femminile”. Pizzi, merletti, ricamo, cura della casa e della famiglia, erano attività alle quali dovevano dedicarsi le donne dei ceti agiati. Operaie in fabbrica, sarte, serve, contadine, braccianti, erano attività proprie delle donne del ceto popolare. Le altre professioni, l’avvocatura, la medicina, il giornalismo, la partecipazione ad attività politiche e molte altre ancora, erano riservate esclusivamente agli uomini, in quanto le donne erano ritenute incapaci per natura di svolgere compiti intellettivi. Elizabeth Jane, tredicesima dei quindici figli del giudice Michael Cochran, dei quali una diecina nati dall’unione con la precedente e defunta moglie, nacque a Cochran’s Mill in Pennsylvania nel maggio del 1864.
Quando la bimba nacque il padre si mostrò molto orgoglioso di presentare alla famiglia quel fagottino rosa, così tanto rosa che la bimba fu soprannominata Pink. La famiglia all’apparenza era benestante, infatti il padre, oltre ad essere un giudice, era anche un discreto uomo d’affari. La piccola Pink cominciò a essere interessata ai libri ancor prima di saper leggere, disdegnava i giochi delle bambine e voleva giocare con i fratelli. Ribelle e testarda nascondeva i volumi della biblioteca del giudice per poterli guardare di nascosto. Alla morte improvvisa del capofamiglia i Cochran caddero in disgrazia, furono costretti a lasciare la casa dove avevano vissuto fino ad allora. Elizabeth dovette interrompere gli studi, la madre fu costretta a risposarsi perché serviva lo stipendio di un marito. L’uomo che sposò però si rivelò essere violento e ubriacone, la sfruttava, la picchiava costantemente. In seguito, grazie alla determinazione della figlia Elizabeth, la madre ebbe il coraggio di divorziare. A seguito della lettura di un articolo di un giornale locale, il Pittsburgh Dispatch, dal titolo A cosa servono le ragazze, nel quale si invitavano le donne a non lavorare ma a stare chiuse in casa a badare alla famiglia, Elizabeth presa dall’indignazione e dal furore femminista, dal senso di giustizia che la caratterizzava, secondo il quale tutti gli esseri umani sono uguali e hanno uguali doveri e diritti, siamo essi uomini o donne, inviò una vibrante lettera di protesta al giornale firmandosi come Lonely Orphan Girl. Dopo vari abboccamenti e traversie, il direttore riconobbe l’indubbio valore intellettuale e il coraggio di Elizabeth, anche perché il giornale aveva aumentato la tiratura, e assunse la ragazza. Si decise che Elizabeth avrebbe utilizzato lo pseudonimo di Nellie Bly. Così iniziò la sua fortunata carriera di giornalista investigativa. Coraggiosa e intelligente, fingendosi operaia e facendosi ingaggiare da una fabbrica, scoprì e denunciò sul giornale per il quale scriveva gli atti di violenza, gli abusi e le condizioni inumane del lavoro a cui erano costrette le operaie delle fabbriche. Questa nuova forma di giornalismo investigativo, inesistente prima di lei, divenne presto un modello di riferimento nel mondo del giornalismo che ancora oggi viene praticato. In seguito si trasferì a New York e fu assunta dal New York World di Joseph Pulitzer, col patto che conducesse un’inchiesta sulle condizioni del reparto femminile dell’ospedale psichiatrico City Mental Health Hospital di Manhattan. Questa volta Bly si finse una povera donna smemorata. La donna venne internata in manicomio per parecchi giorni, e si rese testimone diretta delle terribili e inumane condizioni in cui venivano trattate le pazienti recluse. Bly nonostante pensasse di essere indenne da romanticismi e avesse deciso che il matrimonio, così come era considerato all’epoca, non era adatto a lei, si innamorò di un uomo affascinante che diceva di amarla. Quando scoprì che era un uomo sposato e con figli, lei ne soffrì molto. Intraprese da sola un viaggio che la portò a visitare il mondo in 72 giorni emulando Fogg del giro del mondo in 80 giorni di Giulio Verne, il quale, incuriosito e ammirato, la volle conoscere durante una tappa del suo viaggio.
Il libro è molto scorrevole e si legge con piacere, con una scrittura chiara e leggera nonostante la tematica importante, la scrittrice fa parlare Bly in prima persona. Milena Soriani ci racconta la storia di questa donna speciale e moderna, anche se vissuta un secolo fa. Nellie Bly si racconta e non parla solo del suo coraggio e la sua determinazione, ma anche delle sue tante fragilità e delle sue debolezze e delle sue paure. Nellie non è una wonder woman che indossa un costume sfavillante e sbaraglia in men che non si dica gli avversari, è una donna comune, con pregi e difetti, ma che ha avuto volontà ferrea. Indomita e combattiva non è mai arretrata davanti agli ostacoli che inevitabilmente si incontrano nel perseguire le proprie passioni, non lasciandosi mai sopraffare dallo scoramento. Con intelligenza, con serietà, con fermezza, ha perseguito i propri scopi credendo nella giustizia e nell’uguaglianza. A Nellie Bly noi donne dobbiamo essere grate, così come a Melania Soriani che ci ha raccontato la sua storia con amore e il rispetto che questa figura merita. Le donne hanno combattuto per decenni per la libertà e per il riconoscimento dei propri diritti, con convinzione, con passione, lottando per l’affermazione. Ma la libertà delle donne viene costantemente minacciata, e il pensiero va alle donne iraniane, prigioniere e vittime, e a tutte le donne che subiscono abusi e violenze. Ci sono tante Bly che combattono per la disparità di genere, per la libertà e per i diritti con coraggio, senza arrendersi, pagando spesso con la vita.
Melania Soriani è nata a Roma nel 1965 e vive a Carrara. Ha pubblicato diversi racconti in antologie e riviste. Con il romanzo per ragazzi In viaggio con Amir si è aggiudicata il premio Selezione Bancarellino 2019.
Pubblicato su limina mundi