Virdimura di Simona Lo Iacono
Virdimura non è un personaggio di fantasia ma una donna realmente vissuta, un medico di origine ebrea figlia di medico e moglie di Pasquale de Medico di Catania. Fu la prima donna che, in assoluto, venne autorizzata a esercitare la professione medica. Così si legge in wikipedia:
“La dottoressa Virdimura, che si occupava di “medicina fisica” e specializzata nella cura delle malattie interne, chiese alle autorità di esercitare la professione medica, in un eccezionale periodo nella storia mondiale di pace fra cultura cristiana, islamica ed ebraica, per aiutare i malati indigenti che non avrebbero avuto la possibilità economica di sostenere le spese sanitarie, dal momento che le cure e le assistenze dei medici cristiani erano molto costose. Al tempo recarsi dal medico rappresentava un privilegio per pochi; sicché Virdimura volle rendere il suo mestiere una missione.
Virdimura era molto stimata per la sua bravura e conoscenza della pratica medica, ma anche per aver alleggerito il lavoro dei medici cristiani che non riuscivano a gestire tutte le richieste che pervenivano. Il suo operato fu rivolto anche alle donne, in un periodo in cui la maggioranza di esse ricorreva alla chirurgia plastica per nascondere la perdita della verginità, la cui scoperta avrebbe comportato onta e stigma sociale. La presenza di donne medico si rese necessaria allorquando le donne si rifiutarono di essere sottoposte a visite mediche da parte di uomini.”
Simona Lo Iacono ha tratto ispirazione da un documento conservato nell’archivio storico di Palermo, da questo è nata questa biografia storica romanzata. Non si sa molto della vita di Virdimura se non a grandi linee. La scrittrice ha saputo tramite la sua scrittura in siciliano antico riportare in vita Virdimura, una donna fiera e coraggiosa vissuta nel 1300, che non teme la Commissione di giudici, presieduta dal Dienchelele, riunita per decidere se concederle la licencia praticandi in scientia medicine circa curas phisicas corporum humanorum, maxime pauperum.
Virdi-mura, verde come il muschio che affiora dalle mura di Catania che il padre Uria usava raschiare per farne delle medicine. Virdimura fu il nome che le diede il padre. La madre era morta mettendola alla luce e Uria era solito portare la bimba, ancora neonata con sé. Fino a che la bimba cominciò a camminare, allora le fu concesso di camminare fra i letti dei malati, avvicinarsi a loro, imparare a curarli così come faceva il padre Uria, che del suo mestiere aveva fatto una missione.
“Pur essendo esule, mio padre non volle mai sentirsi straniero e imparò ad abitare ogni parte del mondo. Casa non era un luogo, per lui era una relazione. E ovunque potesse svilupparla, con Dio, con gli uomini, con la natura, con gli animali, edificava camere invisibili. Stanze dove soffermarsi. Edifici che non avevano mura ma nomi da pronunciare, corpi da soccorrere, da curare”.
Catania era una città popolosa, multietnica, abitata da cristiani, arabi, ebrei, ma quando fu colpita da epidemie di tifo e pestilenza qualcosa cambiò. Uria, che non era un uomo venale e che aveva un approccio diverso, più legato alla natura, alle piante, ai minerali, che guarisce i corpi e le anime, un approccio più moderno verso i malati, che era portato all’ascolto, in qualche modo ne restò coinvolto. Rimasta sola Virdimura, supportata dalle provviste e altri materiali necessari alla professioni che il padre, che sapeva che sarebbe stato allontanato, aveva provveduto a occultare in una grotta.
Virdimura, senza famiglia, sola al mondo, Ebrea, donna, vittima di pregiudizi razziali e di genere, quando le donne che usavano le erbe venivano considerate streghe e quindi perseguitate, a Catania di nascosto inizia a curare i malati. Sono le donne le sue principali clienti, specie quelle che avendo subito violenza da piccole in vista del matrimonio vogliono nascondere al marito la perdita della verginità. Virdimura deve superare pregiudizi e angherie assieme a Pasquale, figlio di medico, che diventa il suo compagno di vita e di mestiere. Organizzano un laboratorio, ospedale, biblioteca, un asilo, curano gratuitamente chi ha bisogno.
Il romanzo è piacevole e interessante perchè in prima persona questa donna si racconta. Una donna vissuta nel 1300 ma moderna per carattere, determinazione, senso etico e di responsabilità, generosa e per certi versi e amorevole e ammirabile. Un’eroina. La scrittura è elevata e intessuta di siciliano antico, è ben equilibrata. Il romanzo è interessante anche perché fa luce in modo molto dettagliato nell’antica medicina, ricostruendo interventi e nella cultura ebraica. Pubblicato su Limina Mundi