Maria Grazia Calandrone Magnifico e tremendo stava l’amore
Maria Grazia Calandrone Magnifico e tremendo stava l’amore
Magnifico e tremendo stava l’amore, e magnifico e tremendo è anche l’ultimo romanzo di Maria Grazia Calandrone. Se ci era già nota la bravura dell’autrice, dimostrata con le precedenti prove, (Dove non mi hai portata scritto nel 2021, edito da Ponte alle Grazie, che riguarda la la tragedia dei suoi genitori biologici, seguito da Splendi come vita, che riguarda la sua vita vissuta accanto alla madre adottiva) con questo romanzo Maria Grazia Calandrone ha superato se stessa. Sensibile come sempre la Calandrone ha saputo portare alla luce ciò che era torbido e incomprensibile, come un’archeologa dei sentimenti, analizza e scava, cataloga, legge nei cuori, ne scrive e descrive. Non è solamente un romanzo sulla violenza di genere tout court, indaga soprattutto nella storia personale e intima dei due protagonisti, che sono insieme vittime e carnefici, il buio e la luce, la quiete e la tempesta. Indaga dove, nonostante la violenza, non c’è odio e neppure un non amore, bensì una malattia, immaturità travestita da sicurezza, un trauma mai risolto, una fragilità che diventa strazio e sofferenza terrificante. Un amore magnifico e tremendo che stava e che però si è accresciuto trasformatosi in Alien, un mostro che cova loro dentro e accresce e li aggredisce nella notte, come un incubo.
La storia
La storia principale narrata dal romanzo è una bella relazione d’amore fra due giovani, nata nell’azzurro del mare, nella stagione del sole, e conclusa con una fuitina, che si trasforma lentamente e inesorabilmente in stagione nera. Una storia nota, che ha suscitato scalpore per l’assoluzione per legittima difesa di una donna, Luciana Cristallo, che ha ucciso con numerose coltellate il marito, tale Domenico Bruno. Per anni l’aveva amato, per anni l’aveva subìto. Lui per anni l’aveva picchiata selvaggiamente e aveva controllato ogni suo movimento. Una sentenza rivoluzionaria che ha fatto giurisprudenza. Luciana, madre di quattro figli e profondamente innamorata del loro padre, dopo anni di soprusi e sopportazione, è riuscita alla fine a dire basta, a porre un punto fermo, a chiudere quel cerchio malefico. Ha compiuto un’azione tremenda e irrimediabile, non solo in nome delle continue vessazioni fisiche e morali che le infliggeva il marito ma come gesto d’amore, atto doveroso per liberare Domenico dalla sua follia e della sua ossessione. Domenico in fondo è un uomo fragile, figlio di una donna che ha servito un padrone e che da questo è stata messa incinta. Si è sempre sentito una seconda scelta e si è appoggiato completamente alla moglie, non come fosse il suo quinto figlio, non come un compagno che cammina accanto alla sua compagna, ma un parassita, un uomo che la segue e si nutre della vita della sua compagna. Lui è bugiardo, inconcludente, scialacquatore. Lei invece si industria, apre un negozio, sempre si spende per la famiglia.
Per occultare il cadavere, Luciana e il suo nuovo amore Fabrizio Rubini, noto e affermato commercialista romano, lo caricano in macchina e lo buttano in mare. Il cadavere pugnalato di Domenico viene presto ritrovato. Si fa riferimento e si confronta la storia dei due coniugi Bruno anche con l’omicidio avvenuto ad Agira, un piccolo paese dell’entroterra siciliano, di un certo Salvatore Pecora da parte della moglie, Santa Morina. Per anni aveva subito ogni sorta di violenza, a base di bastonate, percosse e frustate e vessazioni sessuali con arnesi di varia natura. A Santa Morina purtroppo la cassazione ha inflitto la pena di quattordici anni di reclusione.
Il linguaggio
Il romanzo si sviluppa utilizzando tre diversi registri. Il primo è la prosa, usato nella narrazione pura e cruda degli avvenimenti e dello svolgimento della relazione tra i due protagonisti. Il secondo registro è di cronaca giornalistica, viene utilizzato per narrare gli avvenimenti politici, raccontare gli anni novanta e duemila, anni nei quali si svolge la storia dei due, nella disamina del contesto sociale, politico e giuridico, utilizzando fonti certe e documentate, come deve essere una vera cronaca giornalistica. Il terzo registro è un puro e limpido linguaggio poetico. L’autrice penetra nell’intimo e indaga le emozioni e i sentimenti e tutto ciò che alberga nel cuore e negli animi dei due. Le tre parti sono utili all’economia della storia, dal più esterno, all’apparente, fino a scrutare nell’interno del pozzo buio.
La poesia che permea l’opera è ciò che fa amare di più il romanzo, il linguaggio poetico della Calandrone non è mai banale e stupisce per gli accostamenti, per la profondità, per i termini che spiazzano, evocativi, per la musicalità. Per la comprensione e compassione che l’autrice dimostra di provare per le vittime/carnefici. La grandezza della Calandrone, a mio parere, sta proprio in questo, nel perfetto equilibrio e bilanciamento dei registri nella storie che narra, perché la vita è fatta di questa materia, di fatti, di cronaca, di poesia, a volte anche di amore magnifico e tremendo.
Maria Grazia Calandrone
è poetessa e scrittrice. Collabora con la Rai come conduttrice e autrice. Con i suoi libri di poesia ha vinto importanti premi. Tra i suoi libri in prosa, Splendi come vita (Ponte alle Grazie 2021, entrato nella dozzina del Premio Strega) e Dove non mi hai portata (Einaudi 2022, nella cinquina del Premio Strega e vincitore del Premio Vittorini, Premio Sila, Premio Pozzale Luigi Russo, Premio giuria popolare Clara Sereni e Premio giuria popolare Asti d’Appello). Per Einaudi ha pubblicato Magnifico e tremendo stava l’amore (2024).