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Giuseppe Vetromile

Giuseppe Vetromile

c’è sempre un inciampo

che impedisce il proseguire c’è una parte di noi che vorrebbe prolungarsi oltre la stanza
defluire nell’incertezza dell’ombra
travalicare le colonne d’ercole
seguire le tracce d’un mito

farsi trascinare da un sogno
ma la porta sta lì
piantata bene sui cardini
sbarrata

a volte però si schiude per un attimo
e non lascia passare che un sentore
appena un’idea

un nostro debole grido

poi si richiude al netto dell’anima
e noi qui
sempre a ribussare

da

Esercizio all’esistenza. Prefazione di Ivan Fedelipuntoacapo Editrice 2021

(Da “Inventari apocrifi”, Bastogi, 2009) Giuseppe Vetromile

La notte del rubrichiere

Sapevamo di sgrammaticare? la notte del rubrichiere noi
le nostre parole inutili a vanvera sulla lingua avvoltolata
dispersione di voci nell’incavo del cielo a dismisura
rilette ridette riscritte infastidendo la biro con gli scricchiolii
antichi sui palinsesti pergamenati occultati nella penombra duratura
di sfatti ortodossi supermercati del perché (confezionano ancora
sproloqui a misura di massa vani cliché dell’opera omnia universale)

Ma a tutto non si ha né domanda né risposta (la morte scollata dal creato
poi diventa improvvisa un sorso di vita va preso d’un fiato
senza ragionarci su)

Noi sapevamo del silenzio circostanziale intorno alla verità (nessuno però
saprà mai il vero colore del cielo o di un’ala di gabbiano radente
mentre precipita in elemento non suo)

il dolore di un ramo che si spegne nella foresta non ha uguali
neppure in un sintetico crac cibernetico ed ora

si travisa l’alfa e l’omega si fa mercimonio delle vocali
(zattere di news in procinto di deriva verso Tule
a cavallo di mare aperto burrasca forza sei)

Noi alquanto precediamo il mimico sorriso il pianto
la disperazione e la gioia dell’esterno
(l’interno tutto preme oltre la circonvoluzione cerebrale
e resta ripiegato dietro gli occhi l’amore
balocco della mente
ala della vita)

Noi le parole vere non le abbiamo mai dette a nessuno
vengono così d’improvviso sulla punta della penna sconfinata
a dirci com’è il mondo come lo sentiamo nascosto
dietro una volta di stelle inespresse indicibili

mai avute a disposizione qui per un cuore che possa dare

per delle mani che possano fare
per una pelle che possa contenere

tutto quello che non si può dire.

****
Ritiro gli occhi
Osservo il rutilare di tutto questo gran putiferio
da un segreto andito sotto la ragione
appena posso svetto una mano bianca
e attraverso l’intercapedine del mondo
capto un vento bofonchiante
È il dire di infiniti demoni oppure di fantocci
di cartapesta
instabili sibille negli antri dismessi di questi palcoscenici
dove tutto è razzia ed è delitto
è il dire dissennato dei tiranni
è il canto fasullo dei pifferai di Hamelin
che trascinano masse e noi
senza sapere né vedere
andiamo in abissi definitivi

Ritiro gli occhi e la mano
mi sottraggo all’oro degli idoli
e non ho più casa né città né mondo
in questo genere di tempo sfrangiato
e la morte che muore senza suono né pianto
un dolce lago di silenzio ci accoglie
perduti tra le vette e l’azzurro
e l’eternità finisce in quest’attimo solo
di solenne cupidigia

(da Il lato basso del quadrato, La Vita Felice, 2017) Giuseppe Vetromile

Giuseppe Vetromile circolo letterario anastasiano